sabato 6 gennaio 2018

Avvento: la Chiesa e i giovani

C’è un’attesa da riscoprire, c’è un percorso da riprogrammare, c’è un orizzonte da raggiungere. Non sono “patacche” le obiezioni alla quotidianità emerse nel percorso di preparazione al Natale proposto ai giovani dalla diocesi. Due i momenti: gli esercizi spirituali in preparazione all’Avvento prima, la messa di Avvento per il mondo dell’università poi. 
Il primo passo, come ha spiegato perfettamente padre Maurizio Botta, è accettare la nostra condizione di disadattati: «La cultura contemporanea, profondamente intrisa di ateismo materialista, ci racconta che ogni sforzo di bene è inutile, che siamo tutti numeri in un interminabile processo produttivo, che dopo la vita è finito tutto, stop, zero. La fatica del reale è troppa, la vita a volte è troppo pesante, difficile, ingiusta. Infinitamente triste. Ma noi siamo dei disadattati». La nostra insoddisfazione è così grande che “meno dell’infinito tutto ci annoia”, perché abbiamo tutti dentro, seppur a volte celata alla perfezione, una piccola scintilla di divino. È questa natura divina che rende il cuore dell’uomo profondamente umano, è grazie a questa scintilla che possiamo dirci fratelli e camminare insieme nel rispetto e nella pace. 

Esercizi spirituali di Natale per i giovani con il vescovo Corrado Sanguineti

Ma lo stravolgimento morale, sociale e antropologico in atto oggi ha un obiettivo chiaro: cancellare la dignità intrinseca dell’uomo per poi redistribuirla tramite etichette e categorie di chiaro stampo ideologico. Un antidoto prezioso è donato dall’Avvento, come ha ricordato il Vescovo Corrado: «È come se la vita che vibra in noi chiedesse sempre di più, è come se ci fosse in noi un’attesa immensa e mai soddisfatta totalmente di bellezza, di felicità, di positività, per cui siamo sempre tesi a qualcosa, aperti a un orizzonte che ogni volta si sposta più in là, siamo appunto esseri in attesa, in tensione, ed è questa tensione viva che genera la passione della conoscenza, la sete di verità, la ricerca di un significato nella vita». 
Ecco allora l’impegno per questo tempo di grazia: «teniamo il cuore desto nell’attesa, non permettiamo che sia come addormentato o stordito da false illusioni di felicità, e impariamo a riconoscere il Signore che viene a noi, attraverso l’incontro con persone vive che non ci lasciano indifferenti, che ci colpiscono per un’umanità resa più viva e più intensa dalla fede, dall’appartenenza a Cristo nella sua Chiesa, nella comunità dei suoi amici, che Gesù stesso convoca, raduna e edifica». (Articolo pubblicato su “il Ticino” di venerdì 22 dicembre 2017, anno 126, n. 47, p. 23)

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