domenica 19 giugno 2016

La Chiesa sa ancora sognare?

Se provo a scavare tra i ricordi (non senza fatica visto che il mio abituale disordine appare prepotentemente anche nella memoria) trovo alcune parole ricorrenti: sogno, fantasia, utopia. Molti sogni, intesi non solo come frammenti in fuga da un mondo vorticoso e turbolento, l’inconscio, che durante la notte spalanca per poco le sue porte, liberandone alcuni. Ma anche come il motore silenzioso delle nostre azioni coscienti. Il mondo onirico è tangente al mondo reale: lo incrocia e lo supera in una corsa veloce verso un futuro che ricorda sempre il passato.

Mi si perdoni l’eccessiva semplificazione, ma nella mia mente la fantasia è presente come i mattoni, lo scalpello, la pala: come tutti gli attrezzi necessari per delineare i contorni di un progetto solo sognato e trasformarlo in un’utopia. Solo facendo rotta verso una meta utopica posso sperare di approdare in un paese sconosciuto e bellissimo. Sogno, fantasia, utopia: sono parole che appartengono a tutti (mi auguro). Forse, appartengono un poco di più a noi giovani


Nascono nell’adolescenza (ma anche prima), aiutati magari dai pomeriggi trascorsi in compagnia dei primi libri d’avventura, regolano il cuore su un ritmo fatto di attese, speranze e slanci (non si esclude la comparsa della tachicardia) e da quel momento niente è più come prima.

Queste tre parole sono come occhiali magici che permettono di guardare la realtà ma di vedere oltre, con speranza, con cuore aperto alle mille possibilità. Ecco, visto che parliamo di sogni, mi piacerebbe una Chiesa capace di sognare. Mi piacerebbe respirare nelle nostre chiese quel profumo d’infinito che ritrovo nelle pagine di don Tonino Bello, un prete capace di vedere il mondo con gli occhi della poesia.

Il mondo denigra ogni giorno di fronte a noi giovani la responsabilità, gli affetti duraturi, l’onestà, la ricerca della verità, la famiglia, la fede: tutto ciò che rappresenta le nostre radici, la stabilità e la sfera spirituale è rappresentato come noioso e retrogrado. Ma noi dobbiamo trovare le parole, i progetti, anche la poesia, per raccontarci che le vere avventure sono quelle che partono da progetti veri, duraturi. I viaggi più belli sono quelli pieni di senso! 


Cosa sappiamo noi di quello che ha fatto Dio nell’eternità? Prima di creare l’Universo… Mi piace pensare che l’abbia sognato anche Lui, immaginando i profumi dei fiori che nascono a primavera (le allergie credo siano un’eredità del peccato originale), i suoni delle cascate, i colori del cielo, i sentimenti più belli degli uomini… E non è forse un’utopia la civiltà dell’amore? Cieli nuovi, terra nuova, uomini e donne pieni di luce perché risorti in Cristo: come possiamo credere a tutto questo se non conserviamo i sogni, la fantasia e l’utopia?

In questo mondo che rende merce di scambio anche i sentimenti (se ne era accorto già Marx, dico solo questo), dove in nome della libertà (?) diamo un prezzo anche ai bambini, e ci arroghiamo il diritto di decidere chi è abbastanza produttivo per vivere e chi no, la Chiesa deve saper risvegliare la nostra fantasia, la nostra voglia di guardare oltre le brutture di oggi per intravedere nelle sfumature del tramonto l’alba di un mondo nuovo.

A noi giovani (ma nessuno deve sentirsi escluso) tornate a raccontare che i dati più oggettivi, le ricerche più confermate, la direzione stessa del mondo (che a volte pare ingabbiato in un’orbita sbagliata), possono essere cambiati con un semplice tocco di pennello celeste, con un piccolo cambio di prospettiva deciso dall’Artista più grande che c’è.

Vorrei che la Chiesa facesse propri i sogni, la fantasia e l’utopia di noi giovani e di tutti gli uomini e le donne di buona volontà. E questo non è un sogno irrealizzabile.

(in foto: GMG del 2013 a Rio da uccronline.it, GMG del 2000 a Tor Vergata da linkiesta.it)

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